SEPARAZIONE
Lo Studio Legale Argentati e Carlini è specializzato nelle tematiche di separazione.
– Separazione legale
– Separazione personale dei coniugi
– Separazione consensuale
– Separazione di fatto
– Abbandono del tetto coniugale
– Effetti della separazione
– Riconciliazione
– Modifica condizioni separazione
SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI
La separazione è un rimedio alla crisi del matrimonio attraverso la quale i coniugi cessano di vivere sotto lo stesso tetto pur rimanendo marito e moglie: con essa, inoltre, vengono meno alcuni dei doveri che nascono dal matrimonio, primo tra tutti quello della coabitazione.
La separazione personale dei coniugi può essere chiesta per:
- Intollerabilità della prosecuzione della convivenza;
- Grave pregiudizio per l’educazione dei figli
Ai fini della valutazione dell’intollerabilità della convivenza è irrilevante la colpa dei coniugi. Ai sensi dell’art. 151 c.c. l’intollerabilità può anche essere indipendente dalla volontà di uno dei coniugi
SEPARAZIONE CONSENSUALE
La separazione consensuale si ha quando vi è l’accordo dei coniugi sulle condizioni di separazione.
La separazione consensuale si ha quando vi è l’accordo dei coniugi sulle condizioni di separazione.
L’art. 158 c.c. consente ai coniugi di ottenere la separazione su richiesta congiunta presentando un accordo che il Tribunale provvederà ad omologare qualora non sia contrario ai diritti considerati inderogabili di solidarietà familiare (i doveri nascenti dal matrimonio nei confronti del coniuge e dei figli).
Il presupposto della separazione consensuale non è necessariamente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza ma semplicemente il venir meno dell’affectio che caratterizza l’unione coniugale. In sede di separazione consensuale non rileva l’addebito, ossia la condotta del coniuge contraria ai doveri inerenti al matrimonio.
Il procedimento ha inizio con il deposito di un ricorso congiunto e il presidente del Tribunale fissa, con decreto in calce al ricorso, la data di udienza di comparizione personale dei coniugi per il tentativo di conciliazione e per la conferma della volontà di separarsi alle condizioni individuate nel ricorso. Il decreto che omologa la separazione è in tutto e per tutto equiparato ad una sentenza di separazione giudiziale. Le condizioni stabilite in sede di separazione consensuale potranno comunque essere modificate o revocate qualora intervengano fatti nuovi a variare la situazione con i coniugi o il rapporto con i figli.
Con l’introduzione del D.L. 132/2014 convertito nella legge 162/2014, se vi è accordo, i coniugi possono scegliere di avvalersi della negoziazione assistita da un avvocato o effettuare una dichiarazione di fronte al sindaco, quale ufficiale dello stato civile.
SEPARAZIONE GIUDIZIALE
La separazione giudiziale è la seconda forma di separazione legale a cui si ricorre ogni volta in cui non si raggiunga un accordo tra i coniugi.
Si tratta di una causa che si conclude con una sentenza a seguito dello svolgimento di un procedimento promosso da uno solo dei coniugi quando la prosecuzione della convivenza è diventata intollerabile o tale da arrecare pregiudizio alla prole ovvero vi siano state violazioni degli obblighi matrimoni (fedeltà, coabitazione, cura della prole ecc.).
Il tal caso la separazione sarà richiesta con addebito che, se riconosciuto dal Giudice, avrà come conseguenza la perdita del diritto all’assegno di mantenimento, dei diritti successori e del diritto alle prestazioni previdenziali del coniuge defunto).
In qualsiasi momento la separazione giudiziale può essere trasformata in consensuale.
Le condizioni stabilite in sede di separazione giudiziale potranno comunque essere modificate o revocate qualora intervengano fatti nuovi a variare la situazione con i coniugi o il rapporto con i figli.
SEPARAZIONE DI FATTO
Il nostro legislatore si occupa solo della separazione legale.
Si può avere anche la separazione di fatto, cioè l’interruzione della convivenza coniugale ma voluta ed attuata dalle parti, in via di fatto, non per cause indipendenti dalla volontà dei coniugi (lontananza a causa di lavoro, degenza in ospedale ecc.), bensì sulla base di un accordo informale dei coniugi, o per il rifiuto di uno di essi a proseguire la vita in comune, o semplicemente perché marito e moglie seguono il proprio destino disinteressandosi l’uno dell’altra.
La separazione di fatto non determina conseguenze giuridiche automatiche e quindi ciascun coniuge può chiedere in qualsiasi momento la ripresa della convivenza.
ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE
Se il coniuge si allontana avvisando l’altro della propria intenzione di separarsi (non deve essere necessariamente motivata) o in presenza di una giusta causa, non sussiste alcun reato motivato dal venir meno agli obblighi coniugali.
Sono esempi di giusta causa: la violenza fisica o verbale, il tradimento del coniuge convivente, ma anche una generica incompatibilità di carattere o incomunicabilità o litigiosità dei coniugi che rendono impossibile il proseguimento della vita coniugale.
Se non si verificano alcune delle condizioni di cui sopra il coniuge può sporgere querela e far constatare alla forza pubblica il reato di abbandono del tetto coniugale.
EFFETTI DELLA SEPARAZIONE
Con la separazione personale dei coniugi (sia essa giudiziale o consensuale) cessano per entrambi l’obbligo di convivenza e l’obbligo di assistenza in tutte le forme che presuppongono la convivenza.
Dal momento che il vincolo coniugale non si scioglie, tuttavia, continuano a sussistere alcuni doveri nascenti dal matrimonio.
Nel caso in cui vi sia un coniuge economicamente debole, il dovere di assistenza materiale si trasforma nel suo diritto a ricevere un contributo al mantenimento, solitamente sotto forma di assegno mensile
Per quanto riguarda i provvedimenti relativi ai figli i doveri di ciascun coniuge rimangono invariati.
A seguito del d.lgs. 154/2013 è stato inoltre inserito un corpo normativo unico e comune per i rapporti genitoriali: i nuovi articoli da 337 bis a 337 octies diventano le norme di riferimento relative all’esercizio della responsabilità genitoriale per tutti i tipi di controversie in tema di separazione e divorzio e in caso di interruzione della convivenza tra partners non sposati.
I figli, in caso di separazione, hanno, infatti, il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti (i nonni) e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Anche i diritti di successione di un coniuge nei confronti dell’altro rimangono invariati, sino all’eventuale divorzio, a meno che non sia intervenuta separazione con addebito, nel qual caso il coniuge a carico del quale è stato posto l’addebito non ha diritti successori nei confronti del patrimonio dell’altro (salvo un assegno vitalizio a carico degli eredi, legatari e donatari, se già godeva degli alimenti).
Malgrado la separazione, il coniuge superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, al trattamento di fine rapporto (TFR) ed alla indennità di mancato preavviso.
Secondo l’orientamento più diffuso, l’obbligo di fedeltà risulta attenuato, nel senso che non è ritenuto illecito il comportamento del coniuge separato che intrecci nuove relazioni sentimentali, mentre è incompatibile con i residui doveri derivanti dal vincolo matrimoniale (che continua ad esistere) una condotta che possa risultare lesiva alla reputazione dell’altro coniuge.
Si scioglie la comunione legale, se è stata scelta come regime patrimoniale della famiglia e, di conseguenza, dopo la separazione, ogni acquisto rimarrà ricompreso esclusivamente nel patrimonio del coniuge che lo ha effettuato, senza giovare all’altro. Su questo tema è da ultimo intervenuta la nota legge sul “divorzio breve”: mentre in precedenza lo scioglimento della comunione dei beni tra i coniugi si realizzava solo con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, ora (dal 26 maggio 2015) viene anticipato al momento in cui, nella separazione giudiziale, il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati ovvero, alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. L’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati è comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione.
Viene meno la presunzione di paternità.
Il giudice, infine, può anche vietare alla moglie l’uso del cognome del marito, quando tale uso costituisca un pregiudizio per lo stesso e, nello stesso modo, può autorizzare la moglie a non utilizzare il cognome stesso, quando l’uso sia per lei pregiudizievole.
Assegnazione della casa coniugale. Il problema dell’assegnazione della casa coniugale si pone solo quando la stessa sia di proprietà di entrambi i coniugi o del coniuge diverso da quello che ne chiede l’assegnazione. Nessun problema, infatti, può sussistere se l’assegnatario e il proprietario sono la stessa persona.
A decidere l’assegnazione della casa coniugale è il giudice, ma solo se la coppia abbia avuto figli e questi siano minorenni o maggiorenni non autosufficienti, o portatori di handicap.
Il giudice assegna la casa coniugale al coniuge presso cui vengono collocati i figli (ossia quello presso cui i ragazzi vanno a vivere stabilmente). La legge infatti stabilisce che, quando la casa coniugale è di proprietà esclusiva di un coniuge (o quando un solo coniuge ha la titolarità esclusiva di un diritto reale) il giudice deve comunque attribuire il godimento dell’abitazione familiare a quello convivente con i figli (minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti).
RICONCILIAZIONE
Gli effetti della separazione cessano nel caso di riconciliazione dei coniugi.
Questa non richiede alcuna forma solenne e può avvenire, oltre che con un’espressa dichiarazione, anche di fatto, a seguito cioè di comportamenti non equivoci incompatibili con lo stato di separazione.
Non è sufficiente una riappacificazione generica o il ristabilimento di rapporti distesi e sereni (che possono esprimere il semplice raggiungimento di una relazione equilibrata tra coniugi) e neppure l’instaurazione di una frequentazione regolare (si pensi ai coniugi separati che, nell’interesse dei figli, trascorrano periodi di vacanza insieme), ma è necessaria la ricostituzione di una vera comunione di vita tra i coniugi.
Nel caso di riconciliazione la separazione può essere nuovamente pronunciata solo per fatti successivi alla riconciliazione stessa.
Conseguenza diretta della riconciliazione è la ricostituzione della comunione legale eventualmente esistente tra i coniugi prima della separazione.
MODIFICA CONDIZIONI SEPARAZIONE
Le condizioni di separazione stabilite nei provvedimenti adottati dal giudice in sede di separazione giudiziale, così come gli accordi raggiunti in sede di separazione consensuale, sono sempre suscettibili di modifica.
Normalmente ciò avviene al verificarsi di eventi sopravvenuti, quando cioè episodi esterni prima non conosciuti vadano ad incidere sull’equilibrio negoziale eventualmente già raggiunto dai coniugi ovvero sulle statuizioni giudiziali.
I fatti sopravvenuti maggiormente rilevanti, idonei a giustificare una richiesta di revisione delle condizioni di separazione, possono riguardare l’assegno di mantenimento per il coniuge o i figli e il regime di affidamento.
A titolo esemplificativo detti fatti potrebbero essere:
- sopravvenienza di nuovi oneri familiari (come la formazione di una nuova famiglia da parte del coniuge obbligato al versamento o la nascita di un nuovo figlio da altro compagno/a);
- nuove esigenze dei figli (le quali, per espressa previsione normativa, devono essere valutate attraverso il criterio dell’attualità);
- convivenza more uxorio dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno;
- contrazione reddituale dell’obbligato all’assegno, licenziamento o cessazione di attività;
- insorgenza o aggravamento di una patologia.